ti racconto una storia.
è la storia di un ragazzo che non sapeva bene dove andare ma che poi alla fine restava sempre a casa.
la madre gli preparava grandi macchinette di caffè particolarmente zuccherato.
aveva una grande madre.
ma sua madre era presa da mille cose poco importanti. da troppe paure e da tante insicurezze.
questo ragazzo ora vive nella città di Amidala.
l'hanno quasi buttato fuori di casa.
se lui non si chiamasse con il suo nome, dice che si sarebbe voluto chiamare Alberto come Albert Hoffmann lo scopritore dell'LSD.
dunque Alberto si alzava tardi.
alle tre del pomeriggio.
prendeva uno stetoscopio, s'infilava quei pomellini nelle orecchie e si avvicinava alla finestra del balcone della sua camera.
a sinistra c'era una televisione.
lui poggiava come su di un cuore, quell'arnese su quella scatola di colori e voci.
ma lo faceva a scatola spenta.
poi dava dei colpetti con la mano.
con il polpastrello.
quello dell'indice e poi quello del medio.
TAC! TAC!
tu lo sai cosa sentiva?
e Alberto comunque un giorno era andato via da quella casa.
da quella stanza.
e da quella televisione.
aveva anche un computer.
uno di quelli grandi. belli.
glielo avevano regalato i suoi nonni.
i suoi nonni ricchi.
e ora quel grande computer, l'ha portato ad Amidala?
quando se n'era andato perché lo avevano quasi buttato fuori,
lui se n'era andato a vivere con quattro.
si quattro.
Benedetto il magazziniere.
Pasquale che andava in giro a conoscere molta gente.
Pucciolo che stava sempre a letto a parlare da solo.
Barabele Baribio che dava a tutti questi, compreso Alberto, le medicine.
Pucciolo non si chiamava proprio così, ma nessuno sapeva quale era il suo vero nome.
ma questa è un'altra storia.
Alberto non era felice.
lui voleva quasi sempre e solo dormire.
e poi guardare i documentari di Pasolini e sognava di conoscere Yaya.
ma Yaya guardava i film di Truffaut.
alcune volte Yaya guardava il cielo e Alberto controllava se qualcuno aveva rubato le sue cartacce.
dentro il mobile.
nessuno poteva toccare.
il primo cassetto.
stracolmo di fogli, foglietti, sogni appena svegliati e quasi troppo ricordati.
Yaya saltava le rose selvatiche.
e quando si pungeva diceva di avere le mestruazioni.
ma lei non le voleva. le davano fastidio.
preferiva mettere mutande di cotone fresche.
e quando il vento soffiava lei si addormentava.
(dedicato ad una mia cara amica conosciuta all'università di Milano nel 2008 e ad un mio caro amico conosciuto appena tornata da quell'università)
2 commenti:
Prima volta che tra le blogger che mi scrivono ci sia una che poi mi sorprende. Dici tanto. Complimenti a te
è sempre bello ricevere un complimento da un'altra donna. blogger e mamma anche lei per di più. questa storia per me vorrebbe essere l'inizio di altre. che la fantasia ci sia complice.
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